L’omesso avvertimento circa la facoltà di introdurre la procedura di sovraindebitamento, nullità o mera irregolarità del precetto?
L’art. 13, comma 1, lett. a) del D.L. 27 giugno 2015, n. 83 convertito con modificazioni, nella L. 6 agosto 2015, n.132 ha inserito un nuovo periodo al comma 2 dell’art. 480 c.p.c.: «Il precetto deve altresì contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovra- indebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore».
Certamente la norma non è immune da critiche.
Anzitutto, perchè prevede che il precetto debba contenere tale avvertimento indipendentemente dall’applicabilità al debitore precettato delle misure alternative di composizione della crisi da sovra- indebitamento.
Tali misure sono state introdotte dalla L. 27 gennaio 2012 n.3, la quale, tuttavia, esclude dal proprio ambito di applicazione i “soggetti fallibili”.
Appare evidente, dunque, che il debitore precettato, se “soggetto fallibile”, riceve un avviso che è privo di utilità.
Le maggiori perplessità, tuttavia, riguardano la sorte del precetto nel caso in cui il nuovo avvertimento non venga inserito.
Mentre, infatti, il primo periodo del secondo comma dell’art. 480 c.p.c. prevede esplicitamente che il precetto deve contenere a pena di nullità l’indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se fatta separatamente, nonché la trascrizione integrale del titolo, qualora prevista dalla legge; viceversa, nessuna sanzione è esplicitamente prevista nel caso di omessa indicazione nel precetto dell’avviso in oggetto.
Le prime pronunce giurisprudenziali sul punto hanno dato vita a due orientamenti contrastanti in giurisprudenza: uno propende per la nullità del precetto, l’altro per la mera irregolarità.
La terza sezione civile del Tribunale di Milano, rigettando con una recente pronuncia (sent. n.4347 del 30.03.2016) un’opposizione proposta ex art. 617 c.p.c. e volta a far accertare la nullità di un precetto privo dell’avviso de quo, aderisce al secondo orientamento.
Diverse sono le considerazioni poste a sostegno della mera irregolarità.
In primo luogo il Giudice meneghino sottolinea che l’articolo 156 comma 1 del c.p.c. esclude la possibilità di dichiarare la nullità di un atto processuale qualora questa non sia espressamente comminata dalla legge.
Viene poi rilevato che l’ art. 156 comma 3 c.p.c., statuisce che la nullità di un atto processuale non può essere pronunciata qualora lo stesso raggiunga lo scopo a cui è destinato; e dato che il precetto ha tradizionalmente lo scopo di invitare il debitore all’adempimento spontaneo, l’omesso avvertimento circa la facoltà di introdurre la procedura di sovraindebitamento non potrebbe certo pregiudicare il raggiungimento di tale obiettivo.
Si sottolinea, inoltre, come l’avviso di cui all’art. 480 comma 2 c.p.c. rappresenti una mera informativa per il debitore precettato, il quale può depositare un ricorso per la composizione della crisi da sovraindebitamento in qualsiasi tempo, senza il rischio di incorrere in decadenze o in preclusioni di sorta, dato che tali procedure non sono ostacolate dall’instaurazione dell’esecuzione forzata o dal compimento di specifici atti esecutivi.
Pertanto, non essendo prescritta espressamente dalla legge a pena di nullità né essendo un elemento indispensabile al raggiungimento dello scopo dell’atto di precetto, l’omessa indicazione dell’avvertimento, a parere del giudice meneghino, non comporta, di per sé, la nullità del precetto .
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