Responsabilità medica per ritardata diagnosi e ritardato approccio terapeutico dell’ernia discale

Lo studio legale ha ottenuto il risarcimento dei danni (euro 380.000) subiti da una donna di 36 anni, che, a causa della ritardata diagnosi di mielopatia acuta da compressione dorsale e del conseguente ritardo nell’esecuzione dell’intervento di asportazione dell’ernia discale, ha riportato postumi invalidanti, consistenti in paraplegia dell’arto inferiore sinistro e vescica neurologica.

Il caso di malpractice

Il caso riguarda una giovane donna di 36 anni, portatrice di ernie discali multiple strumentalmente rilevate anni prima, che alle 9,30 del mattino si rivolgeva al locale Pronto Soccorso, lamentando un forte dolore lombo-sacrale.

Ricoverata in astanteria, dopo una visita ortopedica effettuata a due ore circa dall’ingresso in Pronto Soccorso, veniva richiesta una risonanza magnetica, che i medici eseguivano solo nella tarda mattinata del giorno seguente. A seguito di una progressiva perdita di forza negli arti inferiori e di comparsa di vescica neurologica, la paziente veniva sottoposta ad una seconda RMN e quindi inviata d’urgenza al Pronto Soccorso di un altro Ospedale pubblico della Regione Veneto, dove, previ ulteriori accertamenti diagnostici, veniva sottoposta ad intervento chirurgico d’urgenza di asportazione dell’ernia.

A causa del ritardo nell’approfondimento diagnostico strumentale da parte dei medici della prima struttura ospedaliera (RMN eseguita a oltre 24 ore dall’accettazione) e, di conseguenza, nell’adeguato approccio terapeutico, all’esito dell’intervento di asportazione di ernia discale, eseguito con urgenza presso la seconda struttura, e di un lungo periodo di riabilitazione, la paziente riportava dei postumi permanenti invalidanti, consistenti in paraplegia all’arto inferiore sinistro e vescica neurologica, valutati dal consulente di parte dell’assistita in 60 punti percentuali.

L’azione legale: querela nei confronti dei sanitari e richiesta di risarcimento all’azienda ospedaliera

La danneggiata, con l’assistenza degli avvocati dello studio, proponeva denuncia-querela nei confronti del medico del Pronto Soccorso, dell’ortopedico e del medico di guardia che l’avevano avuta in cura.

Dopo il deposito della consulenza medico legale disposta dal P.M., detti medici venivano rinviati a giudizio per il reato di lesioni personali colpose gravi, con l’imputazione di aver omesso di sottoporre o far sottoporre con urgenza la paziente ad accertamenti mediante risonanza magnetica e/o di inviare la paziente presso altra struttura ospedaliera, di aver omesso con colpa, in particolare per imprudenza, imperizia e negligenza, di diagnosticare una mielopatia acuta da compressione dorsale, causando alla paziente un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni e una riduzione permanente della capacità di deambulare, in particolare a carico dell’arto inferiore sinistro.

La danneggiata, sempre con il patrocinio dei professionisti dello studio, visto l’esito della perizia medico legale depositata nel procedimento penale, inoltrava anche una richiesta stragiudiziale di risarcimento danni all’Azienda Ospedaliera cui appartenevano i medici rinviati a giudizio.

L’accertamento della fondatezza della pretesa risarcitoria

La relazione peritale redatta dal consulente medico legale incaricato dal P.M. nel procedimento penale a carico dei medici evidenziava, innanzitutto, che le ernie sintomatiche del disco intervertebrale toracico sono le più rare e tuttavia le più devastanti di tutte le lesioni discali e che la diagnosi viene fatta con l’esame anamnestico e con l’esame obiettivo e la conferma della diagnosi avviene mediante risonanza magnetica.

Il perito accertava che c’era stato un notevole ritardo nella diagnosi di mielopatia acuta da compressione dorsale, in quanto già al momento dell’accettazione al P.S. vi erano i sintomi e i segni indicativi di un danno neurologico e nella serata dello stesso giorno si manifestava in tutta evidenza l’ingravescenza dei sintomi, con ritenzione vescicale, segno evidente di compromissione neurologica, che rendeva necessaria l’applicazione di un catetere.

Il perito medico legale rilevava che, a fronte di un tale quadro clinico è pratica consolidata procedere con urgenza alla risonanza magnetica e all’intervento chirurgico, cosa che nel caso in esame non è avvenuto, poiché la risonanza fu eseguita soltanto nella tarda mattinata del giorno successivo all’ingresso al P.S..

Il perito medico legale accertava, in conclusione, che vi era stato un ritardo diagnostico e un conseguente ritardo terapeutico, che avevano cagionato alla paziente un aggravamento delle condizioni neurologiche e dell’esito finale, poiché un intervento chirurgico tempestivo avrebbe esitato probabilmente solo una minima compromissione della deambulazione.

La trattativa stragiudiziale e la definizione del sinistro

Sulla scorta dell’esito favorevole della perizia medico legale eseguita dal consulente del P.M., nonché della perizia di parte resa dal consulente della danneggiata, lo studio avviava una serrata trattativa stragiudiziale con la compagnia assicuratrice dell’Azienda Ospedaliera.

La trattativa portava in breve al graduale incremento della somma inizialmente offerta e si concludeva con una transazione ante causam e con la conseguente remissione della querela sporta nei confronti dei medici.

La transazione avveniva per un risarcimento di euro 380.000,00, tenuto conto del fatto che al tipo di intervento chirurgico in questione sarebbe conseguita comunque una minima compromissione della deambulazione, come rilevato dal consulente del P.M., nonché dal consulente della compagnia assicurativa, che quantificava l’invalidità permanente che sarebbe comunque residuata in almeno 25 punti percentuali.

Pertanto, la compagnia assicurativa si rendeva disponibile a riconoscere soltanto il risarcimento della percentuale di invalidità riconducibile causalmente alla condotta dei medici, al netto dell’invalidità che sarebbe con buona probabilità comunque residuata.

L’assistita valutava la convenienza della definizione transattiva della vertenza, anche alla luce delle puntuali informazioni rese dal proprio legale in merito alla congruità dell’offerta e ai tempi, ai rischi e agli oneri di un eventuale procedimento giudiziale.

Contestualmente al risarcimento del danno per lesione dell’integrità psico-fisica della paziente, veniva riconosciuto anche il risarcimento del danno morale/esistenziale subito dal marito e dal figlio di costei, liquidato in via equitativa in Euro 10.000 a favore del marito ed Euro 20.000 a favore del figlio.

 

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